Gli eventi degli ultimi mesi hanno messo in evidenza le fallacie che soggiaciono al sogno di una vera Europa unita: l’economia e i tributi in primis, ma anche il mondo del lavoro sono campi lasciati ancora in gran parte all’autonomia del singolo Stato.
Ne deriva, quindi, che ogni Paese gestisce come meglio crede il singolo settore arrivando così a una grossa frantumazione all’interno dell’area europea.
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Oltre a questi grandi dibattiti, ci sono anche le piccole cose che ci fanno capire che la strada per l’unificazione dell’Europa è davvero lunga: pensiamo, ad esempio, alle marcate differenze di attacchi elettrici che rendono difficile la vita a chi viaggia.
E le cose non vanno meglio nel campo delle assicurazioni: non c’è certo bisogno di spendere troppe parole sulle abissali differenze di premi che intercorrono fra i Paesi e di cui in Italia ben conosciamo i risvolti avendo, ahinoi, fra i premi assicurativi più alti di tutta l’Unione.
Sebbene non manchino direttive che cerchino di uniformare il settore, non ci sono speranze nel breve periodo di riuscire a omogeneizzare il comparto.
E non si tratta solo di una questione di soldi e di premi, ma anche di vita pratica: se, ad esempio, in Italia un’automobilista ha assicurato l’auto perché questa non gli viene automaticamente riconosciuta in tutti gli altri Paesi UE?
Questioni che, in un’Europa che ha fatto della libera circolazione dei lavoratori uno dei suoi punti di forza, non è certo secondaria.
Possiamo insomma dedurre che le lacune in campo assicurativo sono l’ennesima dimostrazione che l’Europa unita poggia su fondamenta instabili e sono proprio le cose della vita quotidiana a darne dimostrazione.