I dati parlano chiaro: in media, ogni giorno, nella sola Italia, vengono esposte circa 85 denunce per malpratice.
Le conseguenze sono pesantissime: oltre che sul morale degli operatori sanitari, lievitano il premio delle assicurazioni professionali e i costi del SSN, oberato di esami inutili, richiesti dal sempre maggior numero di medici che applicano una medicina difensiva.
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A gettare benzina sul fuoco ci sarebbe, da ultimo, lo spot di “Obiettivo risarcimento”, l’organizzazione che aiuta le vittime di errori medici e malasanità a ottenere un giusto risarcimento, contro il quale, molto comprensibilmente, le sigle delle principali associazioni sanitarie chiedono a gran voce il ritiro dello spot dalla programmazione pubblicitaria.
In particolare, secondo il Collegio italiano dei chirurghi (CIC), lo spot lancerebbe inutili allarmismi: nel 95% delle denunce, la responsabilità medica non viene accertata e tutto il caso si traduce in un nulla di fatto dal punto di vista legale ed economico, pur lasciando gravi ripercussioni sull’autostima del dottore e un infiacchimento del rapporto fra medico e paziente.
Diversa, invece, la posizione dell’ANIA (Associazione nazionale imprese assicuratrici): i dati presentati lo scorso novembre evidenziano che, nel corso del 2011, a fronte di 31.500 denunce contro medici o strutture sanitarie (pubbliche o private), l’80% dei casi ha dato seguito a un risarcimento che, per le compagnie assicurative, ha superato la raccolta premi: ne consegue, quindi, un aumento del premio dell’assicurazione professionale, costante e dovuto.
Due versioni completamente diverse dello stesso problema, ma unite da un dato assolutamente inconfutabile: dal 1994 a oggi, le denunce contro errori medici si sono triplicate, complice una maggior consapevolezza del paziente sulle cure ricevute e un aumento degli importi dovuti per il risarcimento.
E a farne le spese ci sono non solo i medici, ma anche i pazienti: a nostro carico, un lievito dei costi del SSN (appunto, per il ricorso alla medicina difensiva), ma anche un calo dei giovani che intraprendono carriere mediche nei settori considerati a rischio (ginecologia e traumatologia, su tutti).