L’evoluzione dello stato sociale ha fortunatamente migliorato le condizioni di lavoro, garantendo a tutti i prestatori di manodopera di poter fruire di periodi di malattia e infortunio, di aver diritto a una pensione e, infine, di essere coperti da un’assicurazione.
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Tuttavia, non sono mai mancati – nonostante l’affermazione dello stato sociale – i caporali e le aziende che, in barba alla legge, hanno utilizzato irregolarmente i lavoratori.
Con la crisi degli ultimi anni le condizioni di lavoro sono sensibilmente peggiorate e i dati riportati dalle cronache lo testimoniano in maniera abbastanza evidente.
A Oristano, in Sardegna, nei giorni scorsi carabinieri e direzione provinciale del lavoro hanno passato a setaccio gran parte delle aziende agricole della zona e i risultati sono stati piuttosto sconcertanti: delle realtà produttive controllate, il 70% era in una posizione irregolare, mentre il 40% dei lavoratori non aveva la copertura assicurativa.
Immediatamente sono scattati i provvedimenti che hanno portato a sanzioni complessive per oltre 110.000 €, oltre al versamento dei contributi e dei premi assicurativi arretrati.
Nonostante non sia stato rilevato alcun caso di caporalato, nelle realtà controllate è parso evidente il massiccio ricorso al lavoro nero e irregolare, con palese violazione dei diritti dei lavoratori, privati degli spettanti tributi previdenziali e delle coperture assicurative in caso di infortunio.
Con il lavoro nero, il primo a essere danneggiato è il lavoratore, privo di assicurazione, ma anche l’azienda è passibile di gravi sanzioni e di responsabilità anche penali in caso di infortunio. Insomma, non rispettare la legge può sembrare vantaggioso nell’immediato, ma il conto che ci verrà presentato può essere assai più oneroso di quanto ci si immaginasse.