Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada: come funziona la prova per il risarcimento?

Qualche news fa, ci siamo occupati della richiesta di risarcimento avanzata al Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada e delle prove che il richiedente deve presentare per dimostrare di essere stato effettivamente vittima di un pirata della strada: il Giudice di Pace di Perugia aveva riconosciuto il risarcimento alla vittima in virtù del fatto che la prova addotta era sufficiente (la vittima aveva presentato una descrizione del veicolo, con alcune lettere e numeri della targa).

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Oggi vediamo la rassegna giurisprudenziale che, negli anni, ha portato a qualificare come ammissibile o non ammissibile la richiesta di risarcimento al Fondo di Garanzia delle Vittime, sulla base delle prove presentate.

Iniziamo con il dire che, per ottenere il risarcimento dei danni in ambito civile, occorre presentare le prove a fondamento della propria richiesta, ex art. 2697 c.c.

Questa previsione vale ovviamente anche per le richieste al Fondo di Garanzia della Vittime della Strada, per il quale però bisogna tener presente la particolare condizione psicofisica della vittima al momento dell’incidente.

In questo senso, dunque, non viene richiesta una prova che derivi da un accertamento particolarmente complesso o sofisticato (Cass. n. 9939/2012), ma nemmeno può essere ammesso il risarcimento avanzato da chi – dopo un semplice tamponamento, a cui è seguito un accertamento dei danni con il proprietario dell’altro veicolo – non abbia annotato la targa e nemmeno gli abbia richiesto il numero di telefono (Cass. n. 18308/2015).

In sostanza, da una lettura globale delle sentenze in merito, la diligenza richiesta è quella del buon padre di famiglia, tenuto conto della situazione e delle particolari condizioni della vittima (Cass. 24449/2005).

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